Rapporto Bes: Istat, aumenta il benessere

L’Istat ha presentato la nuova edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes).

Gli indicatori del Bes, in tutto centotrenta, sono articolati in dodici domini: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi.

Secondo le rilevazione Istat nell’ultimo anno gli indicatori segnalano un miglioramento del benessere per l’Italia con valori più elevati al Nord (59,3%) e più bassi al Centro (50,9%).

Sul versante della Salute nel 2018, la speranza di vita alla nascita raggiunge il massimo storico, 82,3 anni (80,9 anni per gli uominie 85,2 anni per le donne). La maggiore longevità femminile si accompagna a condizioni di salute più precarie: una donna di 65 anni può aspettarsi di vivere in media altri 22,5 anni, di cui 12,7 anni (il 56,4%) con limitazioni nelle attività; mentre per un uomo della stessa età la speranza di vita è 19,3 anni, di cui 9,3 anni (48,9%) con limitazioni. La speranza di vita in buona salute alla nascita al Nord è più alta di 3 anni rispetto al Mezzogiorno (59,3 contro56,3 anni), quella a 65 anni senza limitazioni è più alta di 2 anni (10,6 al Nordcontro8,6 anni del Mezzogiorno). Procede a rilento la diffusione di stili di vita più salutari, con l’unica eccezione della percentuale di persone sedentarie (che non praticano alcuna attività fisica nel tempo libero) che passa dal 37,9% del 2017 al 35,7% del 2018. Nel 2018, le regioni del Mezzogiorno (49,6%) continuano ad avere i valori più elevati per l’eccesso di peso (43,3% Centro e41,9% Nord). Per i fattori di rischio per la salute si conferma il ruolo protettivo del titolo di studio, con una maggiore attenzione ai comportamenti più salutari tra i più istruiti. Fa eccezione il consumo non adeguato di alcol, su cui il titolo di studio non sembra avere effetti.

Per quanto riguarda innovazione, ricerca e creatività, nell’ultimo anno, resta stabile la spesa in Ricerca e Sviluppo sul Pil (1,4%). Segnali positivi si colgono tuttavia per quanto riguarda l’occupazione in settori scientifico-tecnologici (+3%) e in imprese culturali e creative (+2,8%), per la mobilità dei laureati (-2,4%) e la propensione alla brevettazione (+1,3%). Il maggior dinamismo interessa soprattutto il Nord e il Centro: in Emilia Romagna il numero di brevetti per milione di abitanti è una volta e mezzo superiore alla media nazionale, in Piemonte la spesa in Ricerca e Sviluppo è superiore del 50% rispetto alla media. Il Lazio si caratterizza per un numero più elevato di occupati in settori creativi e innovativi o ad alta tecnologia. Viceversa la Calabria detiene il primato negativo su due versanti: minore spesa in Ricerca e Sviluppo (0,5%) e fuoriuscita netta di laureati tra i 25 e i 39 anni (-31,1 per mille). La quota di lavoratori occupati in professioni scientifico-tecnologiche con formazione universitaria si mantiene più elevata tra le donne (22,2% rispetto al 14% tra gli uomini), con quote sensibilmente superiori per quelle residenti al Centro (24,1%) e nel Mezzogiorno (22,8%) rispetto a quanto rilevato nel Nord del Paese (21,1%). Il fenomeno migratorio dei giovani laureati interessa in maniera maggiore i maschi (-4,7 per mille rispetto a -3,1 delle femmine).

A livello territoriale le province autonome di Bolzano e Trento si confermano quelle con i livelli più alti di benessere. Coerente con quanto diffuso nella Griglia Lea. I livelli più bassi di benessere si registrano in Calabria e in Sicilia. In particolare, rispetto alla distribuzione osservata lo scorso anno, Liguria, Lombardia, Marche e Molise mostrano i progressi più accentuati mentre la Puglia evidenzia il peggioramento più accentuato. La lettura per ripartizione territoriale, infatti, evidenzia significative differenze. Confrontando la quota degli indicatori in miglioramento, al Nord tutti i domini mostrano valori superiori al 50%, a eccezione di quelli relativi a Lavoro (33,3%) e Salute (30,8%). In entrambi i casi prevalgono gli indicatori stazionari (rispettivamente 41,7% e 53,8%). In un quadro di consolidato miglioramento, solo nel dominio Politica e istituzioni si segnala un livello elevato di indicatori in peggioramento (4 su 10). Segnali di miglioramento si riscontrano anche al Centro, seppure con intensità più contenute rispetto al Nord. In particolare nei domini Sicurezza e Istruzione e formazione si registrano i livelli più bassi di indicatori in miglioramento (rispettivamente 25,0% e 27,3%), con una prevalenza di segnali di stazionarietà mentre nei domini Benessere economico, Politica e istituzioni e Innovazione, ricerca e creatività il numero di indicatori in peggioramento è particolarmente elevato (rispettivamente 50%, 40% e 33,3%). Nell’ultimo anno anche il benessere nel Mezzogiorno ha mostrato miglioramenti. Permangono comunque segnali di difficoltà legati prevalentemente all’intensità della ripresa economica (50% e 33,3% degli indicatori nei domini Benessere economico e Lavoro e conciliazione segnano variazioni negative) e alle caratteristiche della struttura produttiva (2 indicatori su 6 in peggioramento nel dominio Innovazione, ricerca e creatività).