Precari in prima linea: i giovani professionisti dimenticati

Nell’istantanea di questi due mesi di crisi sanitaria da Covid-19 ci sono categorie di giovani che hanno lavorato in modo straordinario senza mai fermarsi a supporto del Servizio Sanitario: medici, ricercatori, infermieri, operatori socio sanitari, farmacisti.

Queste categorie professionali hanno in comune lo straordinario compito di tutelare la salute di ciascuno di noi ma anche qualcos’altro. Hanno in comune il precariato. Nonostante l’impegno del Governo per stabilizzare 35 mila risorse del comparto salute, il profilo dei giovani che intendono entrare stabilmente in questi settori resta invariato.

Gli ultimi dati ci hanno consegnato un quadro complesso, con il 70% dei giovani medici sottopagati, molti dei quali, peraltro, pagati con fortissimi ritardi. Non solo, tornando sul fronte della stabilità lavorativa, anche in questi mesi, si è fatto ampio ricorso all’uso delle partite Iva in sostituzione di un normale contratto, anche determinato, special modo nei reparti di emergenza-urgenza, dove sarebbe più che mai importante disporre di personale assunto con tutele maggiori. Le collaborazioni libero professionali non garantiscono diritti né, come ovvio, coperture e garanzie economiche previste dalla contrattazione collettiva. Proprio per questi motivi, purtroppo, il mercato offre una grande platea di giovani medici in cerca di lavoro e disposti a tutto, un’ampia platea di alte professionalità a basso costo spesso disposta a lavorare più ore per racimolare una mensilità più alta. Sappiamo ancora che più del 90% dei giovani medici specialisti in chirurgia è alla continua ricerca di opportunità all’estero, per la quasi impossibilità di diventare primo operatore in età giovanile nel nostro Paese.

Lo stesso vale anche per la categoria infermieristica. Sì perché la condizione dei giovani infermieri non è più rassicurante. Una categoria, questa, mortificata da anni di precarietà e false partite Iva, con giovani costretti a doppi o tripli lavori per potersi garantire un futuro.
E ancora, si registrano contratti a tempo determinato di tre o quattro mesi per il 95% dei giovani ricercatori italiani. Come è noto, siamo uno degli ultimi Paesi per investimenti in ricerca e nonostante ciò ad isolare il coronavirus è stata proprio una ricercatrice precaria, italiana, dello Spallanzani.

Come dimenticare, inoltre, la condizione italiana dell’occupazione dei giovani farmacisti ospedalieri, con un alto numero di precari che, nonostante ciò, svolgono funzioni importanti in strutture pubbliche e private, come i giovani dirigenti farmacisti con impiego a tempo determinato. Solo il 58% di questi risulta stabilizzato. Sono precari l’80% dei farmacisti che svolgono attività di sperimentazione clinica e il 60% di quelli che si occupano di farmacovigilanza.

Alla precarietà si aggiunge un tema centrale nella gestione di questa emergenza: la sicurezza sui luoghi di lavoro. La pandemia ha portato alla luce le falle di un sistema che non ha adeguatamente garantito tutele personali. Quasi 17.000 gli operatori contagiati tra cui moltissimi giovani alle prime esperienze lavorative.

Per questo è necessario un investimento sulle giovani generazioni del comparto sanitario, soprattutto per la loro predisposizione alla digitalizzazione. In questa emergenza epidemica si sono sviluppate con estrema velocità tecniche di gestione del paziente a livello digitale, attraverso l’uso della telemedicina e di applicativi e/o device in grado di monitorare e assistere il paziente, oltre che supportare l’operatore sanitario nel suo lavoro. Diventa quindi strategico un approccio propositivo nella stabilizzazione delle generazioni giovani del comparto che non richiedono particolari upgrade formativi e che possono diventare determinanti nell’efficientamento della gestione del Servizio Sanitario Nazionale. Un corretto turnover che oggi, più che mai, significherebbe stabilizzazione e investimento per il futuro.

Anche per questo, è fondamentale sviluppare nuovi approcci formativi capaci di coniugare la formazione universitaria con i nuovi modelli di accesso alla professione condivisi con le altre figure professionali sanitarie che diano maggior spazio ai giovani nell’ottica di una maggiore solidarietà intergenerazionale.

Le attuali istanze di questi giovani professionisti, che contribuiscono concretamente alla crescita del loro settore, evidenziano l’importanza di dare loro stabilità affinché possano essere realmente protagonisti del nostro Sistema Salute.

 

Maria Cristina Pisani è la prima donna a ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani. Fin da giovanissima è impegnata sul fronte associativo nella difesa delle pari opportunità e dei diritti umani.