Stress e differenze di genere

La categoria più a rischio di incorrere in patologie legate allo stress è quella delle donne lavoratrici

Genere ed età sono due elementi fondamentali per la salute. Trattare le pazienti di sesso femminile e i pazienti di sesso maschile nello stesso modo può essere inappropriato sia nel campo della ricerca che nel campo della clinica. Questo perché il genere ha un ruolo determinante nel caratterizzare gli aspetti fisici del corpo, la struttura del cervello, le tendenze comportamentali, nonché la sensibilità ai farmaci e la reazione agli stati di malattia. Le differenze di genere sono inoltre il frutto di una sottile interazione tra fattori biologici e ambientali, ruolo nella società, concezione di sé e storia personale. Secondo il medico austriaco Hans Selye in una stessa situazione i due sessi hanno differenti necessità: “L’uomo allevia il suo disagio trovando una soluzione ai suoi problemi o una distrazione in altre attività, mentre la donna preferisce riflettere, parlare e condividere con gli altri il suo vissuto di disagio”.

Così è più frequente per le donne che uno stress cronico si tramuti in uno stato depressivo e per gli uomini sia invece causa di dipendenze (alcool, stupefacenti) o problemi cardiovascolari. La differenza di reazione allo stress, nota ai più grazie alle opere dissacranti dello scrittore John Gray, dedicate ai rapporti di coppia avrebbe quindi anche un fondamento scientifico.  L’organismo umano di fronte ad uno stimolo stressante innesca una serie di risposte diverse, in cui è determinate anche il genere sessuale.

Le diverse modalità di reazione allo stress tra uomini e donne possono trovare una spiegazione su due livelli: il primo è che indubbiamente maschi e femmine sono diversi sul piano biologico ed organico e il secondo è il ruolo determinante che gioca il piano socio-culturale. Maschi e femmine dunque reagiscono diversamente allo stress poiché il genere ha sicuramente un ruolo fondamentale nella determinazione degli aspetti fisici del corpo, nella struttura del cervello, ma anche negli schemi comportamentali, nonché nella capacità di reazione agli eventi di disagio e malattia.

Il benessere psicologico sarà al centro dell’evento Donne. Il festival della salute e del benessere femminile in programma a Napoli dal 30 giugno al 3 luglio sul Lungomare Caracciolo. L’evento, promosso dalla titolare della Cattedra di Unesco educazione alla salute e sviluppo sostenibileAnnamaria Colao, metterà in luce, attraverso dibattiti ed eventi, l’importanza crescente assunta dalla medicina di genere.

Mental load: cos’è e perché colpisce soprattutto le donne

La maggior parte delle persone lo chiama stress, altre preferiscono distinguerlo dal primo termine identificandolo come affaticamento. In inglese gli è stata data una definizione più precisa che prende il nome di “mental load”. Di cosa si tratta? Dell’affaticamento\sovraccarico psicologico che nasce dall’insieme di impegni che si hanno ogni giorno e che alla lunga finiscono per appesantire la mente generando ansia e stress. Si presenta quando ci si sente psicologicamente pressati da impegni e responsabilità.
Una condizione che può riguardare chiunque ma che sembra essere molto più frequente nelle donne. Il motivo? Il modo in cui ancora si tende a gestire gli impegni in famiglia ed in parte il senso di responsabilità che le donne hanno verso tutto quel che riguarda casa, compagno e/o figli. Responsabilità che non riescono a scrollarsi di dosso nemmeno quando decidono di concedersi una piccola pausa. Così, accade che sia sul lavoro che mentre si fa la spesa o si beve un caffè con un’amica, in un angolo della mente ci siano sempre vivi e presenti commissioni da fare, visite mediche, bucato da stendere, cena da preparare etc… Una sorta di spia sempre accesa e che con l’andare del tempo può portare al così detto affaticamento mentale.

Nello specifico la categoria più a rischio di incorrere in patologie legate allo stress pare essere quella delle donne lavoratrici, sulle quali grava la maggior parte del lavoro domestico non retribuito (Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro, 2002)

Uno dei principali fattori che condizionano l’equilibrio tra lavoro e vita riguarda il numero di ore lavorate. Il lavoro domestico, per la molteplicità delle mansioni, per la sussistenza di rischi potenziali e per la dispendiosità energetica è collocabile nella graduatoria dei lavori usuranti. Il lavoro domestico dovrebbe dunque essere considerato alla stessa stregua del lavoro produttivo, con il conseguente riconoscimento dei rischi, al fine di evitare l’invisibilità dei pericoli fisici, psicologici e sociali ai quali la donna è esposta.

Pandemia ombra

Le donne sono più stressate degli uomini. È emerso dallo studio dell’Ordine degli Psicologici che da ottobre 2019 a fine aprile 2021, ha misurato lo stress della popolazione. Come fosse un termometro, lo “stressometro” ha evidenziato che le donne hanno subito maggiore stress come se stessero catalizzando addosso tutte le conseguenze più difficili della pandemia, pagando conseguenze psicologiche molto importanti. Più dell’60% della popolazione è stressato. I livelli di stress rimangono omogenei tra le regioni e si stanno modificando le cause. Al primo posto rimane l’emergenza Coronavirus, anche se ha perso quasi il 20% di peso come fonte di stress. Mentre sta aumentando la preoccupazione per la condizione economica e lavorativa.

È emerso che le donne sono evidentemente più stressate degli uomini, come se stessero catalizzando addosso a sé tutte le conseguenze più difficili della pandemia (la gestione della famiglia, dei figli) pagando conseguenze psicologiche molto importanti. Altro effetto collaterale post Covid­-19 è stato quello dell’aumentare dei casi di violenza contro le donne tra le mura domestiche a causa del confinamento forzato (lockdown) e alle difficoltà per le vittime conviventi con il maltrattante a denunciare e rivolgersi ai servizi di supporto. In particolare, molte donne che svolgevano lavori informali che hanno perso durante la quarantena sono risultate maggiormente esposte, essendo costrette a lunghe permanenze in casa e diventando in misura maggiore economicamente dipendenti dai loro compagni con conseguenti maggiori difficoltà a sottrarsi alla violenza.

La violenza domestica già presuppone la messa in atto ad opera dell’abusante di una vera e propria strategia di controllo, per isolare le donne dalle loro reti e fonti di sostegno esterno, principalmente la famiglia di origine e gli amici. Il lockdown e la quarantena, necessari entrambi per ridurre la diffusione della pandemia, hanno di fatto contribuito ad aumentare ulteriormente l’isolamento delle donne e le loro difficoltà ad attivare reti di supporto.

L’aumento dei casi di violenza di genere nel mondo come conseguenza della pandemia è stato chiaramente indicato dall’indagine pubblicata da CEPOL nel luglio 2020 e dalle stesse Nazioni Unite che hanno definito questo fenomeno “pandemia ombra” proprio per sottolinearne l’impatto devastante. A livello internazionale ed Europeo, sono state fornite raccomandazioni e linee guida per fronteggiare in emergenza le situazioni di violenza, che hanno sottolineato l’esigenza di rafforzare i servizi specializzati di supporto e ospitalità per le donne.

In questo contesto, anche in Italia, l’esplosione dei casi di violenza è stato sostanziale. Se si guarda ai dati delle chiamate al numero verde nazionale antiviolenza 1522 si può, infatti, notare come dal 1° marzo al 16 Aprile 2020 ci sia stato un aumento del 73% rispetto allo stesso periodo del 2019 con un aumento delle vittime che hanno chiesto aiuto del 59% rispetto allo scorso anno (ISTAT, 2020). Il notevole aumento dei casi di violenza di genere osservato durante l’epidemia di Covid-19 è estremamente preoccupante, soprattutto se si considerano gli importanti danni fisici e psichici, nel breve o lungo termine, che può generare, fino a dar luogo, direttamente o indirettamente, alla morte della vittima (omicidio, suicidio, gravi patologie correlate).

In conclusione, anche se le differenze nell’affrontare lo stress da parte di uomini e donne dipendono sia da fattori biologici che socio-culturali, spetta alla medicina di genere analizzare tali differenze per trovare soluzioni il più personalizzate, anche in base al sesso.