Sanità: i Pronto soccorso presenti non sono sufficienti a Napoli

Negli anni a Napoli disattivati ben 5 pronto soccorso

Adeguare il servizio di 118 e potenziare l’offerta di pronto soccorso sul territorio inserendo nella rete dell’emergenza i Policlinici universitari: è la richiesta principale avanzata dal presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università Federico II, Maria Triassi, ai candidati a sindaco di Napoli nel corso degli incontri che si sono tenuti presso la sede dell’Ordine dei medici.

“Negli anni – ha sottolineato Triassi – sono stati disattivati ben cinque pronto soccorso e il San Giovanni Bosco, dopo la trasformazione in ospedale covid, stenta a decollare. I pronto soccorso presenti non sono sufficienti a rispondere alla domanda di tutta la città. Pertanto – aggiunge – occorre recuperare il Loreto Mare per l’area centro, riattivare il San Giovanni Bosco per l’area nord, inserire i Policlinici come Dea anche in integrazione con altre Aziende dell’area collinare e per decongestionare il Cardarelli sempre in affanno’’.

La presidente della Scuola di Medicina dell’Ateneo federiciano ha sottolineato che i Policlinici partenopei ‘’sono ormai gli unici in Italia senza Ps, una carenza che si riflette pesantemente sulla qualità della formazione dei medici, dei professionisti sanitari e degli specializzandi’’. Per Triassi, in particolare, è necessario che si ponga attenzione anche sul fronte dell’assistenza territoriale che ‘’alla luce della pandemia va potenziata. Nei distretti sanitari – denuncia la presidente – sono troppo esigue le attività di assistenza primaria e prevenzione che sono invece le missioni più qualificate della medicina territoriale. Il risultato è che il cittadino non trovando risposta a livello territoriale si rivolge impropriamente ai pronto soccorso’’. Da qui la necessità che i distretti sanitari si qualifichino ‘’sempre di più come punto di riferimento basilare per il cittadino, per tutte le prestazioni sanitarie non emergenziali e per tutte le attività di prevenzione’’ attraverso ad esempio l’effettivo funzionamento e accessibilità dei CUP distrettuali e ospedalieri e delle Porte Uniche di Accesso istituite ma non funzionanti a pieno regime; l’attivazione delle AFT per un’assistenza h24; il potenziamento delle cure domiciliari creando l’integrazione ospedale-territorio.