Cancro polmone: rallenta di sei mesi con mix di farmaci

Pascale: “La decisione è arrivata dopo la sperimentazione giapponese del 2014”

È possibile ritardare di 6 mesi la progressione del tumore del polmone che presenta la mutazione di un gene (EGFR). E’ questo il risultato ottenuto combinando bevacizumab, farmaco antiangiogenico che ostacola la capacità del tumore di creare i propri vasi sanguigni, con erlotinib, una molecola intelligente.

Il dato emerge da “Beverly”, studio clinico multicentrico, promosso e coordinato dall’Istituto Nazionale Tumori Fondazione Pascale di Napoli e presentato al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), che si chiude oggi.

“La decisione di realizzarlo – spiega Francesco Perrone, membro del Direttivo nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e Direttore Struttura Complessa Sperimentazioni Cliniche del Pascale – è arrivata dopi i risultati promettenti riportati in una sperimentazione giapponese del 2014. L’aggiunta di bevacizumab alla terapia con erlotinib ha ritardato la progressione della malattia di circa 6 mesi rispetto ai pazienti trattati con il solo erlotinib: 160 pazienti sono stati trattati con erlotinib da solo o con la combinazione di erlotinib più bevacizumab in 43 centri del nostro Paese e poi confrontati. Il tempo senza progressione della malattia è risultato significativamente più lungo per il gruppo di pazienti trattati con la combinazione, con una durata mediana di 15 contro 9 mesi. E la percentuale di pazienti con riduzione delle dimensioni del tumore è aumentata dal 50% al 70%. Questi risultati sono stati confermati anche da test radiologici esaminati da radiologi all’oscuro del trattamento praticato. Anche la sopravvivenza globale è stata più lunga (33 contro 22 mesi alla mediana) per i pazienti che hanno ricevuto la combinazione, ma questo risultato al momento non è statisticamente significativo”.

In aggiunta alla evidenza relativa al maggior beneficio tra i pazienti fumatori, il gruppo di ricerca di Nicola Normanno, direttore scientifico dell’Istituto napoletano, condurrà nei prossimi mesi l’analisi molecolare dei campioni di sangue raccolti prima e durante il trattamento per identificare gruppi di pazienti con maggiori o minori probabilità di trarre beneficio dal trattamento con l’associazione di bevacizumab ed erlotinib.